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Non ci faremo rubare il lavoro creativo dalle AI

Non ci faremo rubare il lavoro creativo dalle AI

Il timore che le macchine e i robot non solo possano sostituire l’uomo nelle sue attività lavorative, ma che possano anche prendere il comando della Terra rendendo schiava la razza umana è tema di film e libri di fantascienza dagli anni Quaranta del secolo scorso, almeno!

Che un software - o come ci piace chiamarle adesso, un’AI artificial intelligence - possa sostituire con un algoritmo un quadro di Van Gogh o un’opera di William Shakespeare, beh, è un pensiero che non ha mai sfiorato le nostre menti.
Fino a oggi.

“Super hero developer pop art style” di Dall-e e Mattia Milazzo, co-founder e New business

Sembra infatti che le ultime AI siano in grado non solo di generare immagini e testi in base a un input dell’uomo, ma che possano generare immagini e testi che potremmo definire… creativi.
Mettendo a rischio professioni come quella del fotografo, del grafico, del pittore, dello scrittore, del musicista. Insomma, sostituendo gli artisti.
Ma in che modo questo è possibile?


Come funzionano i generatori d’immagini AI

I generatori di immagini sono basati su “reti generative avversarie” che partendo da numeri casuali hanno il compito di elaborare immagini realistiche, provando ad ingannare la rete Discriminatore. La rete Discriminatore viene a sua volta addestrata a riconoscere immagini preesistenti selezionando e studiando milioni di immagini provviste di tag. Il risultato? Dopo una sorta di training, la rete generatrice impara a produrre immagini sintetiche che sembrano create da un essere umano.

Detta in modo ancora più tecnico, quando viene inserita una stringa di testo in un’AI generatrice di immagini, la frase viene passata in un calcolatore che usa un modello programmato per generare “CLIP image embeddings” (dei raccoglitori di immagini collegate alla stringa inserita) che poi vengono passate a una rete generatrice sulla base di un “Decoder Diffusion model”. Che disegna una, due o più immagini ispirate alla stringa iniziale.

Complicato?

“Victorian era portrait of a corgi in a red cape and vase of tulips” di Dall-e e Camilla Garavaglia, copywriter
I generatori di immagini sono stati utilizzati anche per creare videoclip ispirati a canzoni famose come “Stairway to Heaven” dei Led Zeppelin, con risultati onirici e, a detta di alcuni, inquietanti. 
Ma le AI sono in grado anche di generare dei testi creativi, tecnici o di qualsiasi sorta partendo da un piccolo input.
Un esempio? Chiediamo alla nostra AI Neuroflash di generare una headline, insomma uno slogan, da inserire nella home page di un sito internet di un venditore di caminetti e stufe a pellet. 
Ecco i risultati:
  • La magia del fuoco
  • Fuoco naturale
  • Fuoco nel palmo della mano
  • Soffio caldo
Convincenti? Sì e no.
“Batman taking a coffee on a rooftop” di Dall-e e Alessio Tanzi, grafico
Del resto, anche le immagini che abbiamo provato a generare con Dall-e, l’intelligenza artificiale che prende il nome un po’ dal pittore Dalì e un po’ dal film Pixar Wall-e, non ci convincono del tutto.
Da lontano le immagini sono belle, funzionano, ma da vicino i volti perdono consistenza, le scritte spesso risultano scorrette e i tratti si fondono male tra di loro. Come se ci fosse “qualcosa che manca”.
Poiché l’AI non compone le immagini prendendo dal web milioni di pezzettini di altre immagini ma le disegna da zero, ciò che manca è il contesto. L’intelligenza artificiale non conosce il nostro cliente che produce stufe e caminetti, perciò potrà proporre una headline vincente (“la magia del fuoco” è forse banale, ma non è male) ma non può ancora costruire testi che parlino solo ed esclusivamente di quel cliente. A meno che a inserire gli input non sia, ancora una volta, un creativo: qualcuno che conosce il tono di voce del cliente, ne conosce le esigenze e gli obiettivi. 
Insomma: per qualche anno ancora l’abbiamo scampata!
Silhouette of a man with umbrella walking under the rain on a city street, black and white
di Dall-e ed Emanuel Galimberti, fotografo 
  • Story by Mattia Milazzo

  • Copy by Camilla Garavaglia

  • Graphic by Alessio Tanzi

  • Picture by Dall-E 2 Arficial Intelligence


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Il Natale arriva quando lo decidi tu

Il Natale arriva quando lo decidi tu

Ottobre 25, 2022
Lo avevamo promesso in un post di fine settembre (questo) ed eccoci qui a condividere la mini guida rivolta a commercianti e aziende per arrivare preparati alla ricorrenza più importante dell’anno: Natale!
Avevamo preparato una guida simile anche per il Black Friday - la trovi qui nel caso ti servisse ancora qualche spunto - perché sappiamo quanto sia facile rimandare all’infinito l’appuntamento con la strategia salvo poi arrivare sotto data senza idee né campagne da lanciare.
Proprio come per il Black Friday, anche per il Natale è necessario partire con qualche mese d’anticipo: ottobre va già bene, fine agosto ancora meglio per chi si occupa di vendita di prodotto.
Distinguiamo per comodità due tipi di aziende:
  • Commercianti, vendita al dettaglio di prodotti e servizi
  • Imprese di produzione, imprese di servizi
di quale settore fai parte?
Come nelle storie e bivi dei Topolino anni ’80 (bei ricordi) scegli la tua direzione e seguila!

Commerciante, vendita al dettaglio di prodotti e servizi

Se appartieni a questa categoria, per te il Natale dovrebbe iniziare… a settembre.
Sì, perché il Natale (proprio come il Black Friday, le svendite di fine stagione, i compleanni e altre ricorrenze da calendario) è un’ottima occasione per fare cassa. Anzi, è la migliore delle occasioni!
Fai così:
  • A settembre - pensa a quali prodotti potrebbero andare forte sotto Natale e preparati a farne scorta
  • A ottobre - progetta la grafica delle confezioni e degli eventuali biglietti natalizi, poi fai stampare i pack e tutti i flyer correlati per tempo (verso fine novembre le tipografie online e fisiche si riempiono di lavoro e i tempi di consegna si dilatano)
  • A novembre - se hai un e-commerce, verifica con il tuo consulente web la capacità del tuo sito di lavorare sotto stress. Se necessario, prevedi per il 2023 l’integrazione di un gestionale che sincronizzi in tempo reale le disponibilità a magazzino
  • Sempre a novembre, pianifica le campagne sui canali social e offline per far conoscere il tuo prodotto con anticipo
  • A dicembre - inizia con la comunicazione organica mirata: non serve partire a novembre con i post sui social se hai fatto un buon lavoro dietro le quinte. Inoltre, comunica le tue eventuali chiusure festive nonché i tempi di consegna e l’ultimo giorno utile per acquistare se hai un e-commerce. 
  • Verso metà dicembre - punta sugli indecisi, sui ritardatari e sui regali dell’ultimo momento utilizzando la value proposition* del tuo prodotto, cercando di seguire il ragionamento mentale del tuo cliente tipo. Ad esempio: sei un venditore di giocattoli e il tuo cliente potenziale cerca un regalo dell’ultimo minuto per una coppia di amici che ha avuto da poco un bambino → il cliente ha già speso parecchio per tutti gli altri regali, presumibilmente vorrà cavarsela con una cifra minima → il cliente però non vorrà apparire come “tirchio”, perciò cercherà un prodotto dal valore percepito “alto” o che avrà nella sua value proposition il fatto di essere biologico/a km 0/equo e solidale. È qui che il tuo puzzle da 20 euro in legno atossico e creato con legna proveniente da foreste sostenibili farà centro. Chiaro? Non si tratta di essere squali del marketing, si tratta di comprendere i meccanismi mentali dei tuoi clienti e di esser loro utile nel momento del bisogno.
  • Sotto Natale - Fai gli auguri sui social secondo il tuo stile di comunicazione e ricorda la possibilità di acquisti last minute. 
  • Dopo Natale - Rallenta i post commerciali (le persone sono tutte piuttosto stufe) e inizia a prepararti per gli eventuali saldi di fine stagione. 

Imprese di produzione, imprese di servizi

Se la tua è un’impresa o uno studio professionale, puoi tirare un sospiro di sollievo.
Nel tuo caso, infatti, Natale è semmai un momento di riposo e non di iper-lavoro: questo però non significa che tu debba disinteressartene, anzi.
Sono due principalmente le cose che dovresti fare:
  • Prevedere per tempo le tue chiusure festive e comunicarle ai clienti e al tuo pubblico. Puoi comunicarle a inizio dicembre via mail, ad esempio, e poi preparare un post dedicato a fine dicembre con il quale avrai poi anche un pretesto per fare gli auguri di buone Natale
  • Strutturare la tua comunicazione in modo leggero: le persone sono già sufficientemente bombardate da comunicazioni commerciali (vedi sopra) dei commercianti, perciò probabilmente avranno poco tempo per leggere i tuoi post di approfondimento. C’è anche la possibilità che sia l’algoritmo stesso a nasconderli, visto che tutti quanti staranno pagando fior di quattrini per avere post in evidenza: non entrare nella competizione, se non ti serve. Piuttosto, tieni una comunicazione leggera e parti poi in quarta con il marketing spinto a gennaio. Quando tutti torneranno a concentrarsi.
Non è mai troppo presto per pensare al Natale, per il mondo del marketing: se vuoi una mano per capire come impostare la tua comunicazione, noi siamo qui! 
*Se non sai cos’è la value proposition, potresti guardarti tutte le stagioni della serie tv Mad Men oppure bere un caffè con noi per impostare la tua strategia di marketing. Scegli tu, ma sappi che i nostri esperti sono molto più belli di Don Draper. 
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La SEO è una truffa?

La SEO è una truffa?

  • 22 Mar, 2022
  • 10 May, 2022

14 febbraio 2022

Agenzia web consulenza Milano Magenta*. Lo ammettiamo: il titolo “La SEO è una truffa?” è assolutamente provocatorio ma, lo giuriamo, è lontano dalle logiche clickbait. 
Perché alla fine dell’articolo risponderemo alla domanda, senza tirarci indietro. 

Prima di continuare vogliamo rassicurare tutti gli esperti di Search Engine Optimization: non abbiamo niente contro i SEO, abbiamo tantissimi amici SEO. Inoltre, anche in Ping facciamo ovviamente attività assimilabili al mondo SEO. 

Premesse fatte. Continuiamo. 

SEO IS A THING

Partiamo dalle certezze: la SEO è un elemento sicuramente importante per la crescita, la diffusione e se vogliamo l’esistenza stessa di ogni sito web. Ancora di più se è di e-commerce che stiamo parlando.

Per SEO infatti vogliamo intendere la sola ottimizzazione della pagina web per i motori di ricerca: un’attività SEO ben fatta dovrebbe portare a strutturare sito e contenuti al meglio per far sì che compaiano il più in alto possibile su Google (anche altrove, ma diciamo principalmente Google).
Chi è nel web da molto tempo (diciamo 15 anni? 20?) non può non aver vissuto l’epoca della rincorsa alla SEO, paragonabile alla ricerca del sacro Graal per i toni sacrali e per il tasso d’isteria collettiva che provocava.

Sì, proprio quei tempi in cui se avevi un sito che vendeva, diciamo, articoli per l’ufficio a Carugate, l’esperto SEO ti riempiva le pagine di frasi come “Sedie ufficio Milano” in grassetto. Nel primo paragrafo, cascasse il mondo.

Con l’aumento della concorrenza sul web e sui motori di ricerca sono conseguentemente spuntati come funghi professionisti e agenzie che promettevano ai clienti i migliori risultati possibili in termini SEO. “Prima pagina garantita, firmi il contratto” “Almeno 100 pagine indicizzate, sicuro come l’oro” e via dicendo.

La SEO, così, da attività importante ma comunque circoscritta nella progettazione di piattaforme web e contenuti è diventata in molti casi l’elemento centrale in qualsiasi progetto web.

LA SEO NON È UN’EQUAZIONE 

Parliamo per esperienza personale: come azienda che vive di web abbiamo sempre avuto nel team un esperto SEO, e la SEO è un servizio che abbiamo sempre proposto ai nostri clienti quando un nuovo progetto stava per partire. Come facevamo? Un po’ come molti facevano: analisi, ottimizzazione secondo le linee guida presunte e ricostruite dall’esperienza, check periodico.

Usiamo il termine linee guida presunte perché la SEO non è matematica, non si basa su formule certe ed è sempre dipesa dall’interpretazione dell’algoritmo di Google: è lui, in fondo, a “pesare” i nostri website.
Perciò ecco una prima risposta: chi si dichiara guru della SEO mente. Perciò o è mitomane o è un truffatore.
La certezza esiste solo quando a supporto c’è una formula. Qui dentro siamo informatici ed ingegneri e quindi sulla questione siamo poco disposti a mediare.

COSE CHE PAGAVI COME SEO MA NON ERANO SEO

Se in passato hai pagato per ottenere delle attività SEO, è possibile che oltre alla (sacrosanta, lo ripetiamo) SEO base ti abbiano venduto cose come: 
  • Tool di analisi: ne abbiamo viste di società senza alcuna competenza tecnica far girare un paio di tool di analisi chiedendo agli sviluppatori di turno di applicare sempre le stesse correzioni con sempre lo stesso ordine di importanza. In questo meccanismo, più il cliente è disposto a spendere più si scende, di solito, nel dettaglio. Compilando l’HTML in livelli sempre più remoti. 
  • Keyword come se piovesse: passata la moda dell’analisi dell’HTML (con i vari livelli h1 h2 e compagnia bella) è arrivato il momento dei metadati e delle keyword, una delle parole più odiate in Ping dopo “SEO driven” e “Microsoft Windows”. Ricordi l’esempio della sedia da ufficio di Carugate? Ecco, in quel momento il web è stato invaso da parole chiave buttate a caso in articoli di blog, schede di vendita e pagine varie, con risultati anche comici. Con buona pace della sintassi e della leggibilità.
  • Generazione automatica: dopo il boom della teoria della SEO semantica, che almeno ha il merito di essere generica e lontana dalle logiche dei guru, è arrivato il momento dei tool di generazione automatica di decine o centinaia di pagine all’interno dei siti web che contenessero il più possibile le parole chiave necessarie o articoli di lunghezza perfetta per i motori di ricerca. Inutile dire che spesso questi contenuti sono privi di senso compiuto: i click arrivano, certo, ma il tasso di abbandono della pagina (e di fastidio degli utenti, purtroppo non misurabile) finisce alle stelle. Sei primo su Google, che bello, pazienza se i tuoi clienti ti odiano e piuttosto che comprare da un sito ingannevole preferirebbero spendere il doppio altrove. 
  • Forum di click e backlink: il nostro preferito. A un certo punto si è capito che Google premiava i siti con numerosi click di utenti e i cui link venivano ripresi da tanti altri siti sul web. Da lì a creare dei forum dove gli esperti del settore si impegnano a clickarsi e linkarsi a vicenda per far crescere il sito di sedie da ufficio del disgraziato cliente di Carugate il passo è stato brevissimo. Se la tua agenzia ha speso i tuoi soldi così, non ti senti un po’ truffato?

EPILOGO 


Come avrai capito, a un certo punto la situazione è sfuggita di mano. Molti clienti che erano disposti ad investire cifre alte in questa intangibile SEO piuttosto che nel resto del progetto si sono poi accorti di aver sprecato denaro che sarebbe potuto servire per creare contenuti di qualità o per strategie di marketing o pubblicitarie.  

Uno degli episodi che ricordiamo più frequentemente in Ping è il progetto seguito da un’agenzia (il cui capo progetto della parte SEO era un avvocato alla sua prima esperienza sul web) che è riuscita a far firmare  al cliente un contratto che prevedesse addirittura delle penali per il cliente in caso di ritardo sulla parte SEO. A cosa servono i comici quando la vita d’agenzia riserva perle come questa?

Non pensiamo che le attività SEO descritte nell’elenco sopra siano sbagliate a priori (escluse le ultime due, terribili) ciò che riteniamo sbagliato è vendere un singolo elemento come se fosse una pozione magica dai risultati certi. 

Viviamo il web da molti anni - da praticamente quando è nato come utenti e da oltre 15 anni come consulenti - e abbiamo sempre cercato di spiegare ai nostri clienti che la pozione magica non esiste.
Esistono però i progetti solidi, i lavori ben fatti da professionisti e continuativi nel tempo.
In Ping spesso ci siamo riusciti, altre volte abbiamo collaborato con agenzie SEO esterne. Come è andata? A volte bene, a volte abbiamo (i clienti in realtà) buttato via risorse (tempo e soldi) che potevano essere investite diversamente. 

Un progetto web è fatto di tante cose e tutte importanti per la sua riuscita. Le elenchiamo qui:

  • strategia
  • progettazione 
  • grafica
  • esperienza utente
  • implementazione tecnica
  • SEO
  • ottimizzazione mobile
  • contenuti di qualità (foto, video, testi, grafiche…)
  • comunicazione e marketing
  • pubblicità

Come vedi, la SEO è solo un punto su dieci, e non è nemmeno il primo. 



MA QUINDI QUESTA RISPOSTA?
Eccoci, non ci tiriamo indietro. 

La SEO base intesa come analisi e ottimizzazione dei contenuti e del sito secondo logiche peraltro di BUONSENSO secondo noi è fondamentale e NO, non è truffa. 

Se ti hanno venduto progetti SEO costosissimi e lunghissimi nel tempo, ci dispiace: TI HANNO TRUFFATO

*eh eh eh
  • Story by Ping

  • Copy by Camilla Garavaglia

  • Pensieri by Mattia Milazzo

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Il punto non è costruire un sito web o un software. Il punto è costruire il tuo business

Il punto non è costruire un sito web o un software. Il punto è costruire il tuo business

Qualsiasi azienda in fase di crescita arriva a un certo punto in cui chi deve prendere le decisioni prende posto intorno a un tavolo e si trova a dire ad alta voce: “ci serve un software per potenziare il nostro business”.

È un fenomeno del tutto normale, poiché effettivamente uno (o più) software è ciò che serve per fare il cosiddetto salto di qualità.

Le esigenze che portano alla necessità di integrare un software possono essere le più disparate e dipendono dalle priorità: c’è chi deve digitalizzare e chi deve automatizzare, chi deve efficientare dei processi per poter essere più preciso, incisivo, efficace o più semplicemente chi ha bisogno di far sì che i dipendenti possano concentrarsi su altre attività a più alto valore aggiunto.

Il primo scoglio, dunque, è capire di cosa si ha bisogno.
Può sembrare banale, ma anche solo trovare il nome comune del software che si pensa essere necessario potrebbe rivelarsi un problema. Stai cercando un Gestionale? Un CRM, un ERP, uno scadenziario? O ancora un software documentale, un archivio, una piattaforma cloud, un portale per i clienti, un portale per l’assistenza, uno strumento di ticketing…

Visto? Le cose non sono così semplici come sembrano.

Storia di un software

Solitamente, una volta che l’azienda ha capito come il mondo chiama il software di cui ha bisogno inizia la fase di ricerca, principalmente sul web oppure chiedendo ad amici e conoscenti, possibilmente imprenditori.
Poi arriva la richiesta di demo e preventivi, seguita da una fase di confronto per capire se e come è possibile adattare il proprio metodo di lavoro ai software che vengono proposti a scatola chiusa. Parliamo, ovviamente, dei software standard con licenza.

Per quanto riguarda i software custom, invece, di solito l’azienda cerca chi può realizzarlo partendo quasi da zero, spesso attraverso il passaparola (non c’è niente di male: Ping è cresciuta proprio in questo modo nei suoi primi 10 anni), a volte online.
Le fasi di confronto in questo caso sono composte da telefonate e riunioni in cui, come in un flusso di coscienza, si prova a descrivere e definire ogni necessità e il proprio metodo di lavoro.

Questo confronto porta a un primo elenco di macro funzionalità che sarà poi la guida per definire il budget di progetto. Una volta concordato il budget, inizia la fase di progettazione vera e propria (sì, lavoriamo anche in agile per i progetti più complicati) e si disegna il software perfetto per il business, senza compromessi.
Dopo di che si sviluppa, si testa e si vooooooola 🚀

Troviamo insieme il software per te

Ma partiamo dall’inizio.
Hai bisogno di un software, e di questo ne sei certo. Ma custom o standard?
Segui lo specchietto qui sotto (che bella parola è specchietto?) e trova la soluzione giusta per te!
Sei un’AZIENDA IN CRESCITA 
Ok, le aziende in crescita hanno magari meno budget da investire all’inizio. Ma sono proprio queste aziende ad avere la necessità di essere totalmente agili con un software personalizzato (che magari parta con poche funzionalità essenziali, ma che poi cresca con loro)
Uno dei principali vantaggi dei software personalizzati in effetti, è proprio questo: si possono sempre estendere, modificare, ottimizzare.
CUSTOM, PRO
  • Flessibilità massima, il business non si deve adattare al software
  • Ottimizzazione massima. Un’azienda in crescita ha sempre qualche persona in meno, e quindi più il software fa “da solo” meglio è. Ci avevi mai pensato?
  • Costi di licenza annuali bassi (o nulli)
  • Zero problemi di configurazione/installazione
  • Utenze illimitate, non c’è un costo per ogni singola utenza
CUSTOM, CONTRO: 
  • Sforzo di requisitazione iniziale, che può essere un problema se non si hanno le idee chiare su cosa si ha bisogno o se manca il tempo di mettere la testa sul progetto
  • Costi iniziali più alti rispetto alla licenza di un software già esistente
  • Tempi di attesa più lunghi (a custom software wasn’t built in a day)
Sei un’AZIENDA STABILE
Le aziende con processi consolidati ma comunque in continuo mutamento (chi si ferma è perduto!) finiscono spesso per capire che i software anni 80 con quella tipica flessibilità di un’incudine non vanno più bene per il proprio modello di lavoro.
In questo caso parliamo di progetti più importanti dove il cliente ha già le idee molte chiare sui propri desiderata.
CUSTOM, PRO:
  • Minor sforzo iniziale, ottimizzare un software per un modello di lavoro consolidato ed efficace da anni è molto più facile che per un nuovo business. Inoltre, adattare un modello di lavoro complesso ad un software standard sarebbe ancora più difficile
  • Massima flessibilità, cambiando software è possibile valutare l’integrazione con tecnologie di ultima generazione
  • Costo inferiore, i budget sono spesso decisamente più bassi rispetto al passaggio a licenze di software che soddisfino esigenze molto complesse 
CUSTOM, CONTRO: 
  • Serve apertura mentale per cambiare lo status quo, non tutte le aziende sono disposte a mettersi in gioco in questo senso 
Va beh, lo avrai capito: noi tifiamo spudoratamente per i software custom
Ovviamente noi parliamo di software SAAS o comunque in CLOUD, che non richiedono installazioni o configurazioni strane e sono sempre accessibili dal web. 

Conclusioni che sai già dove vanno a parare 

In Ping lo sviluppo è il nostro più vecchio punto di forza: siamo nati come sviluppatori e quello è il mestiere che più ci piace fare. 
Negli anni, abbiamo scritto software custom per realtà di tutte le dimensioni, dalla piccola azienda con 4-5 dipendenti sino a software (che tutt’ora evolviamo e manuteniamo) per grandissime realtà aziendali (oltre i 10mila dipendenti e, di conseguenza, un numero pari di utenti).

Let’s go custom!

  • Ping

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Finora non abbiamo ancora parlato del Metaverso

Finora non abbiamo ancora parlato del Metaverso

 

Ma c’è una ragione.

Solo nelle ultime 24 ore cercando la parola “Metaverso” nella sezione News di Google si trovano titoli come “L’industria discografica sbarca sul metaverso” “La moda sbarca sul metaverso” “Make up e hair styling approdano nel metaverso”.

Potevamo partire dalle parole. Termini come “sbarcare” e “approdare”, come se il metaverso fosse un’isola al centro di un mare ignoto, come se fosse possibile raggiungerla navigando (forse è per il doppio senso di questa parola che si genera la metafora dell’approdo in terra incontaminata).
Ma anche meta (verso) che in greco significa “dopo” e viene usato per parlare di cambiamento e di mutamento, come in metamorfosi, metafisica e pure metacarpo.

Potevamo partire da chi ci va nel metaverso: dal fashion all’immobiliare, dallo sport all’arte, sembra che nessun settore voglia perdere l’occasione di acquistare uno spazio in quel mondo virtuale che si fonde col mondo reale attraverso strumenti come la realtà aumentata.

Oppure potevamo provare a capire cosa realmente sia il metaverso, che aspetto abbia e quanto sarà attraente per le persone che, prima o poi, vorranno entrarvi.

Una cosa è certa: le aziende stanno già investendo nel metaverso. Forse non hanno ben capito ancora quali saranno le potenzialità di questo nuovo spazio digitale ma nel dubbio investono, consce del fatto che la novità non può essere fermata.

Una chiave di lettura sensata per comprendere il metaverso può forse arrivare dai videogiochi.
Da qualche anno molti videogame infatti non si acquistano più: come Fortnite, per citare il più famoso, vengono distribuiti gratuitamente ma guadagnano dall’acquisto da parte dei giocatori di skin, cioè abiti e accessori senza alcuna funzione pratica, solo estetica.

Acquistare case, abiti e opere d’arte nel metaverso potrebbe essere la stessa cosa: pare difficile da capire, ma è poi molto diverso indossare un vestito di Prada nella realtà e nel metaverso?
I negozi potranno vendere nel metaverso anche gli abiti fisici, grazie agli avatar simili in tutto e per tutto a noi, difetti compresi, ma è molto probabile che molto di ciò che sarà nel metaverso, resterà nel metaverso.

Del resto, il metaverso potrebbe essere considerato l’evoluzione naturale - anche se è difficile usare questo termine parlando di digitale - di Internet e del web così come lo conosciamo oggi: un’evoluzione che comunque è destinata ad avverarsi, che ci piaccia o meno, e i big lo sanno. Per questo stanno già lavorando per dare al metaverso una forma (la loro, ovviamente) e sempre per questo motivo è ancora complicato darne ora una definizione… definitiva.
Il metaverso, proprio come è successo ai social network, cambierà e si adeguerà alle esigenze dei suoi utenti, che ne plasmeranno l’identità

Secondo un articolo di Brooks Canavesi il termine metaverso arriva direttamente dal 1992, in particolare da un racconto cyberpunk distopico di Neal Stephenson, “Snow crash”, nel quale il metaverso era uno spazio di realtà virtuale in 3D attraverso cui si poteva accedere attraverso terminal privati.
Sempre secondo questo articolo, del metaverso conosciamo anche le caratteristiche:

- è scalabile su massa
- è renderizzato in tempo reale
- è sincronizzato
- è persistente
- può avere un numero illimitato di utenti
- fornisce un forte senso di presenza

e così via.
Quando arriverà?
Ancora una volta: non lo sappiamo. Mark Zuckerberg sostiene che la sua diffusione potrebbe avvenire intorno alla fine di questa decade, ma ci sono segnali importanti del fatto che i tempi potrebbero invece essere anticipati di molto.
 
I social network insegnano, e avvertono: prima che nel metaverso “sbarchino” anche i reati, sarà meglio decidere come reagiremo in quel caso. *

* I reati sono già sbarcati, comunque:
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